Dab? no grazie

Da alcuni mesi siamo martellati dalla voce di Marlene De Giovanni che ci invita ad informarci su una “nuova” tecnologia: il Dab+.

Non si tratta in realtà di una nuova tecnologia: lo standard delle trasmissioni radiofoniche digitali denominato DAB (digital audio broadcasting) risale al 1981 quando iniziarono le prime ricerche verso la standardizzazione di una nuova tipologia di trasmissioni radiofoniche digitali.

Dal 1995 alcune emittenti Norvegesi hanno iniziato le prime trasmissioni e verso la fine degli anni ’90 in quasi tutta Europa è iniziata una fase sperimentale conclusasi in maniera disastrosa.

Sull’onda di questo insuccesso nel 2006 si era anche ipotizzato di utilizzare la frequenze abbandonate dal DAB per un altro progetto altrettanto fallimentare: il DVBH.

Dagli errori del passato difficilmente si trae giovamento ed ecco risorgere nel 2007 lo zombie con un nuovo nome: Dab+. L’istituto europeo delle telecomunicazioni resuscita la vecchia tecnologia modificando l’algoritmo di compressione, passando dal mp2 al aac+. Questo mi ricorda vagamente l’atteggiamento dei commercianti disonesti che cambiano la confezione alla mozzarella scaduta.

Agli occhi più attenti non può sfuggire in nessun modo che il problema non sia limitato all’algoritmo di compressione.

La radio FM è una tecnologia robusta, longeva ed economica. Dal 1933 la radio FM ha resistito ad ogni tipologia di innovazione tecnologica: ha visto il passaggio all’elettronica allo stato solido, l’introduzione della stereofonia, la portabilità, l’affiancamento delle informazioni digitali con l’rds. Il tutto mantenendo una perfetta retrocompatibilità con la tecnologia precedente. Se avete in casa una radio in legno e valvole degli anni trenta ancora funzionante potreste ancora accenderla ed ascoltarla. Se avete un televisore di 10 anni fa alla sua accensione vedreste solo una massa indistinta di punti grigi.

Chi possiede un’auto d’epoca provvista di autoradio è ancora in grado di ascoltare musica dall’impianto originale, ovunque vada nel mondo.

Chi invece si è svuotato le tasche per acquistare un costosissimo impianto DAB all’inizio del nuovo millennio non potrà fare altro che cercare una discarica attrezzata per rifiuti elettronici.

La nuova tecnologia è quindi, come l’attuale TV digitale terrestre, suscettibile di aggiornamenti continui legati ai nuovi software ed algoritmi. Per questo motivo non può che avere vita breve.

La radio inoltre si presta ad un utilizzo in mobilità: la ascoltiamo prevalentemente in auto.

La trasmissione digitale ha dimostrato ampiamente di essere inferiore in termini di affidabilità con il ricevitore in movimento. Questo obbliga i broadcaster a dotarsi di un’ulteriore rete distributiva con micro-emettitori (gap filler) aumentando esponenzialmente i costi di distribuzione.

Abbiamo città e montagne piene di ripetitori radio e forse non ne vogliamo altri per un beneficio pressoché nullo.

La radio digitale infatti esiste già a prescindere da queste tecnologie broadcasting e viaggia su rete internet. Con l’umts e lte abbiamo già reti molto efficienti che ci portano qualunque radio ovunque siamo. Non solo: essendo reti punto punto ci permettono di usufruire dei contenuti “on demand”.

L’era del contenuto trasmesso uguale per tutti è ormai al tramonto e vogliamo investire in una nuova rete che ci obbligherà a gettare decine e decine di milioni di apparecchi radio?

La Norvegia è stata la prima a dismettere le vecchie trasmissioni FM e altri paesi si preparano a seguire.

Scaveremo la tomba per una tecnologia meravigliosa per avere in cambio qualcosa che non utilizzeremo.

L’obbligo imposto a tutti i vendor di apparecchi riceventi radio di incorporare il Dab+ avrà l’effetto di costringere i produttori di smartphone con radio a disabilitare la radio FM per il mercato europeo.

Gli Stati Uniti e il resto del mondo infatti non credono in questa tecnologia.

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