Giuseppe Nordi

Giuseppe Nordi 1909 – 1988

Nasce a Milano il 12 Ottobre 1909. La mamma, Masera Erminia, è una professoressa di lettere. Il papà, Carlo, è parrucchiere alla Scala di Milano. Oggi lo chiameremmo “hair stilist”. Si racconta che, nella primissima infanzia, ebbe a dormire nella culla che fu di Felice Cavallotti.

La sua, così come quelle contigue, non fu una generazione fortunata. Ebbe infatti a subire ben due guerre mondiali: la prima tra i sei e i dieci anni, la seconda nella piena maturità fisica.

Inizia a lavorare molto presto, così come accadeva a molti in quei tempi, intorno ai dodici anni,  presso un negozio di articoli ortopedici nel centro di Milano. Questa esperienza lo segnerà per tutta la vita dal momento che, anche nei successivi lavori, bazzicherà sempre in ambienti vicini agli specialisti in ortopedia.

Si sposa nel maggio del 1939 con una ragazza milanese, Giuseppina Gaetani e, nel 1940, nasce Claudio, il primo ed unico figlio.

La cosa che contraddistingue tutta la vita di Peppino, così lo chiamavano gli amici, è la passione per la pittura. Inizia da giovanissimo impiegando tutto il tempo libero dal lavoro a ritrarre paesaggi lombardi. Nei giorni di festa, già dai dodici o tredici ani, si reca in bicicletta al parco di Monza dipingendo scorci di paesaggi, fiori, alberi maestosi e ruscelli di campo.

Ed è proprio questa passione per la pittura il filo conduttore di tutta la sua vita. L’altro grande amore è quello per la natura. Una natura intonsa ed incontaminata più vicina a quella che egli vorrebbe che non quello che è in realtà. Non è difficile immaginare che questi due amori, quello per la pittura e quello per la natura, si fondano dando vita, nei suoi quadri, a quella luce speciale che li identifica. Sono infatti sempre di più i suoi quadri dedicati a paesaggi fluviali, lacustri e silvestri. Sempre pervasi da quella poesia che il suo pennello sapeva evocare.

Ma è negli ultimi anni della sua vita che la pittura assume un peso ancora più grande. Liberato infatti, compiuti sessant’anni, dall’onere del lavoro si dedica a tempo pieno a quella che, per tanti anni, era solo una passione. Ai paesaggi lombardi si aggiungono struggenti ritratti di una Milano che non c’è più, la Milano dei navigli rubata a vecchie stampe e a vecchie cartoline. Immaginata, amata e raccontata da un pennello che ha trovato la sua dimensione più matura.

Attivano mostre collettive ed individuali, arrivano lodi e recensioni lusinghiere. Arrivano citazioni importanti sui principali testi riguardanti artisti contemporanei.

Si spegne nel 1988 in seguito a grave malattia. Di lui rimangono i suoi quadri grondanti di luce, testimonianza e ricordo di quanti lo hanno conosciuto nella doppia veste di pittore e amante della poesia della natura.

 

 

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